LA CROCIFISSIONE BIANCA DI MARC CHAGALL. L’ANALISI COMPLETA DELL’OPERA.

Autore: Eugenia Kulishenko

Chagall è uno degli artisti meno classificabili della scena dell’avanguardia del primo novecento, perché nella sua traiettoria sono importanti tanto le influenze ricevute, quanto le esperienze di vita. Il suo ambiente rurale, le sue usanze tradizionali e la felicità del nucleo familiare lo segnarono profondamente, così come il suo matrimonio con Bella. Negli anni venti visita quasi tutta l'Europa Occidentale e fa anche un viaggio in Terra Santa dove entrerà in contatto con le sue origini ebraiche, mentre prepara una serie di illustrazioni della Bibbia sotto la supervisione di Ambroise Vollard. Negli inizi della Seconda Guerra Mondiale si esilia negli Stati Uniti, tornando vari anni dopo in Francia dove lavorò fino alla sua morte. 

Essere ebreo fu sempre un aspetto che influenzò tantissimo l’opera di Marc Chagall. Durante la década del 1930, l’artista fu testimone dell’ascesa inarrestabile del totalitarismo e di eventi antisemiti ripetuti in Polonia e Germania. Il terrore suscitato dai nazisti, l’angoscia della guerra e la paura della morte diventarono il tema centrale di buona parte della sua produzione artistica e letteraria.  

L’opera che qui studiamo, per esempio, è direttamente correlata ad un'altra, prodotta qualche anno più tardi, intitolata L’anima della città (1945). In entrambi i casi si combina la narrazione di fatti reali con l’espressione di emozioni personali, il riferimento ad aspetti spirituali e l’introduzione di elementi fantastici e onirici. Il risultato è stato catalogato come un’opera che rappresenta un’apparenza un po’ caotica, tramite una fattura ingenua e colorista e un profondo simbolismo mistico, dove i dettagli sono importanti tanto quanto l’opera nel complesso.  

Iconografia. 

Chagall dipinse La Crocifissione bianca nel 1938 mentre viveva a Parigi. Si tratta di un olio su tela di 155 x 140 cm, che si conserva nel Istituto d’Arte di Chicago. L’opera fu realizzata in risposta ai terribili successi della Kristallnacht, la così chiamata “Notte dei Cristalli”. 

L’opera quindi si svolge in pieno climax e ascesa del nazionalsocialismo e dello sterminio del popolo ebreo. Il dipinto si concentra nella sofferenza di Gesù e del popolo ebreo. Intorno all’immagine centrale del Crocifisso, troviamo un gran numero di elementi particolari: 

  1. La narrazione può iniziare da sinistra, dove un gruppo di rivoluzionari russi con  bandiere rosse marciano su un villaggio per lasciarlo in fiamme, saccheggiarlo e bruciarlo, obbligando i fuggitivi a scappare ovunque, in cerca d’aiuto sia a piedi sia in barca. Le case sembrano messe a faccia in giù, sottolineando la drammaticità della scena. Sotto il villaggio, un gruppo di persone in barca cerca di fuggire dal disastro mentre in terra rimane un corpo. 

Quest’atto era chiamato anche Pogrom, un termine russo antico che significa letteralmente “devastazione” con cui sono indicate le sommosse popolari antisemite, i massacri e saccheggi avvenuti nel corso della storia russa. In questo caso si fa riferimento al decreto ufficiale del ministro della propaganda di Joseph Goebbels nella Germania nazista nei giorni 9 e 10 di novembre dell’anno 1938.  

  1. Avanzando in senso antiorario, cioè nella parte inferiore sinistra, troviamo tre ebrei maschi che stanno cercando salvezza dalla tragedia, ricordandoci la diaspora degli ebrei erranti, che piangono e vanno in fuga con il terrore in volto. La concitazione dei gesti rende con immediatezza la drammaticità della situazione. Uno di loro con il rotolo della Torah tra le braccia, come se fosse la sta  proteggendo,  avanza ma senza girare lo sguardo indietro. Davanti a lui, c’è un altro uomo in abito azzurro, che si osserva, portando un cartello che sembra funziona dal suo identificatore.  L’ultimo invece, nell’angolo sembra che stia scappando dalla scena e anche quasi dal quadro.

Anche nella parte inferiore, ma alla destra della crocifissione si vede un uomo con abbigliamento verde che emerge nell’opera e porta un sacco sulle spalle. Questa figura appare in diverse opere di Chagall, e si interpreta come un vagabondo ebraico dalla tradizione yiddish oppure come il profeta Elia; altri invece dicono che è la rappresentazione dell’ebreo errante. Finalmente, si vede un’altra donna che fugge con un bambino nelle  mani.

  1. Volgendo lo sguardo alla parte superiore destra, si osserva anche un’altra illustrazione struggente della persecuzione ebraica. Una sinagoga in fiamme mentre un soldato getta fuori degli oggetti ivi contenuti. Si vede in alto una bandiera Lituana; ciò non è casuale dato che Chagall ha radici a Litvak. 
  2. Poco sopra e al centro dell’immagine, tre patriarchi biblici dall’antico testamento e una matriarca vestiti con abiti tradizionali ebraici. Tutte soffrendo disperatamente fluttuando nell’oscurità e nell’incertezza. Il cerchio allora, si chiude nel particolare più toccante e disarmante della storia: personaggi che piangono e si disperano guardando il disastro. 
  3. Dinanzi, e altresì circondato dal dolore, dalla perdita e dalla disperazione, Chagall dipinge  Cristo sulla croce in una tonalità gialla che da sola esprime l’idea di una presenza di Dio davanti alla sofferenza degli uomini. È il grande Crocifisso bianco, evidenziato da un potente fascio di luce diagonale che dall’alto scende su di lui. Con un sorprendente e poetico tocco di sincretismo Chagall riveste Gesù non con il consueto perizoma, ma con un tallit, il tipico scialle ebraico, sottolineando così l’identità ebraica di Gesù e sostituisce anche la sua corona di spine in testa con un panno. Sulla testa di Cristo nel titolo, Chagall scrive l’acronimo in latino “INRI” e un misto di ebreo e arameo che dice “Gesù di Nazaret, Re dei Giudei”. In questo modo lui non è solo tra la sofferenza, ma veramente identificato come uno di quelli che soffre. 
  4. Infine, come simbolo della sopravvivenza spirituale del popolo ebraico ai piedi del Crocifisso, troviamo la Menorah, il candelabro ebraico con le candele accese che illumina  l’oscurità. La sua luce corrisponde a quella che bagna la figura di Cristo al centro, ed è l’unica speranza che c’è. Nelle parole di Chagall stesso “la fede in Dio muove le montagne della disperazione”. 

Due modifiche furono fatte dallo stesso Chagall all’opera: la prima fu eliminare la svastica del soldato che incendia la sinagoga. E l’altra fu cancellare le parole “Ich bin Jude” dal cartello che regge l’uomo in abiti azzurri. 

Cosa rappresentano i  simboli per Chagall 

Come si vede nell'incrocio di stili e tendenze, Chagall è permanentemente impegnato con la sua vita interiore, e da questa crea una realtà che trascende il mondo visibile e la manifesta per rappresentare un universo immaginario dove i ricordi diventano simboli e plasmano un mondo che dipende solo dal suo mondo interiore. Anche se raramente non può essere sottratto dal rappresentare immagini provenienti dalla realtà sociale che lo riguardano.

Alcuni storici dell'arte hanno cercato di decifrare i simboli, ma non c'è consenso sul loro significato, Jean-Michel Foray, direttore del Museo del Messaggio Biblico Marc Chagall a Nizza disse che "Non sono più che parti del suo mondo, come le figure di un sogno”.

La Crocifissione Bianca è probabilmente considerata il più insistente appello alla tolleranza e al rispetto per la strana modernità che era capace di produrre. Forse una frase di Chagall ci dice qualcosa in più, la sua propria verità: "Se un simbolo dovesse essere scoperto in un mio quadro, non era mia intenzione. Si tratta di un risultato che io non cerco, è qualcosa che può essere trovato più tardi, e che può essere interpretato a seconda dei gusti".

Per Chagall, Cristo è l'incarnazione del martirio ebraico, è il simbolo della persecuzione del suo popolo, e perciò circonda la croce di personaggi atipici come un rabbino abbracciato ai testi sacri della Torah. È la rappresentazione del martirio portato alla sua immagine universale.

Iconologia.

Chagall dipinge la Crocifissione bianca nel 1938.

Il mondo vive il periodo tra le due guerre mondiali; l’applicazione delle leggi razziali si fa sentire sempre di più in Germania e Italia, l’imminenza della nuova guerra è nell’aria. Anche la libera e spensierata Parigi, la seconda casa di Chagall che li ha dato la sicurezza e il successo pian piano sta cedendo a questo clima.

Chagall percepisce tutto ciò in modo ancora più forte, ha la sensibilità artistica, ma è anche partecipante involontario delle decisioni politiche, perché è un ebreo. Affronta la situazione nel suo solito modo di confrontarsi con le difficoltà – dipinge. 

La sua pittura sta cambiando però, al posto di motivi dolcemente fantasiosi, propri per lui, subentrano angoscia e ammonizione. La svolta è nel 1938, la Notte dei Cristalli porta l’Europa alle soglie di Shoah, Mark si avvicina al Cristo.  In lui e non più in Vitebsk, la sua città natale,  ricava le forze per passare le tragedie degli anni da avvenire. 

Il Cristo sulla Croce, un grido muto di dolore, disperazione, spaesamento del popolo ebraico e di tutta l’umanità davanti all’aprirsi di uno scenario storico senza precedenti per la crudeltà. Ma è anche la consolazione, la speranza di salvezza, il sostegno morale per il popolo ebreo, per questo il volto di Cristo è tranquillo.

Non é la prima opera religiosa di Chagall. Nel 1912 durante il primo soggiorno a Parigi lui crea la Golgota, dove il suo stile unico è già ben evidente, anche se ci si percepisce l'influenza del cubismo. 

Il rapporto tra Chagall e Picasso è complicato. La Crocifissione Bianca, infatti, sarà come la Guernica, un grido, ma è totalmente diversa dall’opera di Picasso. È anche totalmente diversa da tutto ciò che Chagall ha creato prima. Le sofferenze e l’Olocausto lui, a differenza del suo amato e odiato concorrente, esprime nella figura del Cristo crocifisso. 

Il mondo felice di Chagall sta per crollargli addosso e il pittore grida tramite arte. Il suo linguaggio pittorico si è formato da un lato nella tradizione chassidica. Le leggende e le storie mistiche, imbevute del simbolismo e la Cabala lo indirizzavano a vedere la scintilla divina anche nei momenti più brutti, e raccogliendo queste scintille migliorarsi (tikkun). Dall’altro lato sul Mark influisce la tradizione delle icone russe con la loro geometria e l’assenza del principio di causa (fig 2). 

Entrambe le tradizioni confluiscono nella Crocifissione. La geometria sacra, tipica delle icone, in questo caso però abbandona il triangolo e il cerchio russi, per dare spazio nella struttura del quadro alla Stella di Davide, un simbolo del sionismo dal 1898, ma anche uno scudo che può proteggere dal male. La Stella di Davide dà al dipinto un legame psicologico e simbolico.

Ce un realismo insolito per Chagall. I suoi soggetti sono sempre storici e simbolici, ma qui manca completamente il contenuto fantastico, caratteristico per lo stile “chagalliano”. Il colore bianco-avorio taglia con tutta la pittura precedente di Chagall.  Sembra che lui si ricrea un altro mondo pittorico diverso dal suo abituale, che li permette di sfuggire perché non ha la forza di accettare la realtà. 

Già al primo sguardo si avverte che il dipinto è dinamico. Dopo aver evidenziato la struttura geometrica della composizione la direzione del movimento diventa ancora più evidente: verso il basso, con le tensioni laterali. 

Nella Stella di Davide il triangolo con la punta in altro significa l’uomo che cerca il Dio, con il vertice verso il basso rappresenta il Dio che cerca l’uomo. Al centro di entrambi i triangoli di Mark sta Cristo. 

Come nelle pitture primitive, le proporzioni sono gerarchiche, cioè dipendono dall’interesse del artista e non dalla realtà obiettiva. Il Cristo – ebreo, con tallit e capo coperto da scialle a posto delle spine. E crocifisso a forma di tau è anche il segno distintivo dei sacerdoti giudaici. 

Ma chi è il Cristo per Chagall? 

Durante il suo viaggio in Palestina nel 1931 Chagall si lamenta molto del “scisma” che ha diviso il Cristo con il popolo ebraico. Per lui Cristo è il profeta, e il poeta e un semplice martire ebreo, che rappresenta tutti gli martiri, “è uno dei nostri” – dirà Chagall. Il suo rapporto con Cristo è molto misterioso e contraddittorio. Mark vede il Cristo con gli occhi del ragazzino ebreo nelle chiese e le icone russe, che per lui resteranno sempre un “mondo esterno”; il pittore Chagall guarda due millenni della tradizione iconografica cristiana per poi sorvolarla. Ebreo Chagall ama profondamente la Bibbia è allo stesso tempo  conosce il Nuovo Testamento, nel quale apprezza la poesia, la saggezza filosofica, lui vorrebbe chiedere al rabbino di Lubbavichesk alcune cose sul Gesù, ma scegliendo la strada della rivoluzione deve rinunciare alla religione. 

Il Cristo di Chagall è il Cristo di un ebreo senza battesimo, un semplice ebreo che medita a lungo sul Cristo crocifisso, un martire ebreo di tutti i tempi, martire che davanti alle sofferenze e tragedie intona una preghiera, un sofferente che conduce l’uomo all’attesa di una salvezza attraverso il dolore. 

Questo Cristo sta al centro di entrambi i triangoli nella struttura del dipinto. 

Il triangolo con la punta in alto indica l’uomo che cerca il Dio, ma questa ricerca deve passare attraverso la sofferenza. Qui Chagall simbolicamente rappresenta la Golgota.   In angoli ci sono le figure di due uomini che fuggono in direzioni diverse. La figura a destra (lato sinistro del Cristo) scappa con le cose rubate senza girarsi. L’uomo a sinistra (lato destro del Cristo, lato del Buon Ladrone) ha tra le mani la Torah presa e girandosi volge lo sguardo sulla Croce – la fonte della consolazione e la speranza di salvezza. Sopra la sua testa appunto passa la barca, che pure rappresenta la speranza e la salvezza: dentro ci sono i profughi che si salvano dai nazisti fuggendo verso il Nord. Rappresentano simbolicamente i due ladri crocifissi insieme con Gesù.  

Anche se ai piedi della Croce non c’è nessuno, la gente in miseria volta le spalle all’unica fonte di salvezza, perché non crede, perché negli orrori circostanti è facile perdere la speranza, e con essa anche la fede. Non perdete la speranza – è uno dei messaggi importantissimi che ci trasmette Mark con il suo Crocifisso.  

Nel punto alto del triangolo ci sono tre figure che percepiscono il messaggio portato dalla quarta figura a metà investita dalla luce. Ascoltando i voti dei due già si chiariscono, anche se il terzo ancora copre gli occhi in gesto disperato. E poi stanno volando. Il volo per Chagall manifesta la libertà, la felicità, la speranza, l’amore. Il messaggio dato è buono. 

Solo attraverso il sacrificio, la sofferenza, il dolore, ma anche la fede, si può arrivare alla salvezza in Cristo. Questa è la strada dell’uomo, che alla fine sarà consolato. 

Ma c’è un altro movimento, nasce anche questo nella violenza degli umani. In angoli superiori del triangolo con la punta verso il basso a destra è rappresentata la sinagoga bruciata dai nazisti, dall’altro lato, dal lato dell’uomo con la Torah e lo sguardo rivolto verso il Cristo, c’è l’armata rossa. 

Mark aveva la rivoluzione nel cuore, sono proprio i comunisti che hanno dato la libertà e uguaglianza agli ebrei in Russia, in effetti, le case rovesciate sotto sono capovolte, ma non distrutte. Armata rossa, comunista, portava i cambiamenti positivi per Chagall, ma anche questa era una forza distruttiva. 

Così da una linea di violenza scende il Cristo con la sua Croce a forma di Tau, simbolo di alto sacerdozio giudeo nel mondo per calmarlo, portando la pace e l’armonia, simboleggiati da Menorah, con le candele, di cui una è  spenta, arrivando al cinque – numero dell’armonia ed equilibrio, il numero della grazia divina. 

Il volto tranquillo del Cristo sulla croce,  rivolto verso la terra non è altro che la promessa salvezza in lui per tutta l’umanità. 

La Croce bianca non è altro che una preghiera tranquilla e piena di fede in un mondo soffocato dalle violenze e ingiustizie. E una promessa e un sostegno sia per il popolo ebraico, ma anche per tutta l’umanità. 

L’immagine della speranza (elementi cristiani)

Nei suoi Esercizi Spirituali, Ignazio di Loyola sottolinea che l’immagine è un luogo di contemplazione, di scambio degli affetti, di intimo dialogo con i personaggi rappresentati. Perciò, la componente affettiva che accompagna le composizioni di luogo dei misteri evangelici che il fedele ricrea attraverso l’immaginazione, permette all’immagine di superare qualunque carattere semplicemente funzionale o strumentale. In questo senso, l’immagine diventa presenza e non è mai luogo di una semplice istruzione da apprendere ma spazio di relazioni viventi.

È questo relazionarsi con l’immagine – apertamente e senza pregiudizi – che rende possibile una reale esperienza spirituale, dove quello che viene contemplato assume un senso simbolico, al di là della ricerca di una semplice descrizione del suo soggetto. Si cerca invece di presentare una testimonianza: l’immagine è luogo di una esperienza, di una ricerca di senso. 

E che senso può avere un tema cristiano per un ebreo? Per Chagall il Cristo crocifisso – in questo e in tanti altri dipinti – non è, certamente, un attestato di conversione o di ammirazione per la fede cristiana. Lui si sente portatore di un messaggio per l’umanità del XX secolo che attraversa uno dei suoi periodi più drammatici e dolorosi. Allora, così come diversi altri artisti contemporanei – Gauguin, Munch, Rouault – che dipingono crocifissi, vede nel segno dell’uomo della croce il simbolo più alto e universale dell’uomo sofferente e dell’innocente perseguitato.

Chagall «ha saputo leggere nelle piaghe del Crocifisso il grido di ogni innocente, specie dell’innocenza del suo popolo. Non aveva bisogno […] di togliere la croce dai muri per proclamare la sua identità, non aveva bisogno di cancellare la fede cristiana per affermare la sua. Egli ha saputo riconoscere nell’autentica esperienza religiosa cristiana la via per dare un nome al dolore». 

Quello che importa per Chagall è esprimere con la propria arte qualcosa di autentico, di proprio, cioè, la più profonda interiorità dell’uomo. La sua arte è, in questo senso, una profezia di novità. E questa novità trova il suo posto esattamente nel vedere nella figura del crocifisso, nella passione del profeta degli ebrei, del Dio della cristianità morto come uomo, l’umanità  del suo tempo. 

Non si tratta soltanto delle solite interpretazioni che identificano la croce con le guerre, violenze e sofferenze della contemporaneità. Chagall vuole andare oltre, vuole dimostrare che tra le traumatiche esperienze della crudeltà umana il crocifisso è l’unica speranza che resta all'uomo: per questo viene raffigurato senza i tipici segni di una morte sofferente e una scala fa da ponte tra l’umano e la luce del divino. Cristo quindi è colui che avvicina le sofferenze degli uomini al Trascendente. E soltanto l’uomo, qui identificato con il Cristo crocifisso, può cambiare i suoi propri destini e quelli del mondo.

Per Chagall, il Cristo è il simbolo della tragedia del mondo, di coloro che subiscono oltraggio, carcere, violenza: il dramma dell’uomo si concentra sulla croce, incarnando i drammi di un popolo. Ma in questa tragedia, il Cristo crocifisso accende una speranza, una riconciliazione, una vita nuova.

La croce si presenta come il legame tra l’uomo e il divino, il materiale e lo spirituale, la morte e la vita, oltre a significare la donazione totale di un Dio che offre se stesso per gli altri. Un segno dai molteplici significati: simbolo di redenzione, ma anche luogo in cui l’azione del male si personifica e si rende visibile.

Nel Novecento la riscoperta del Christus patiens medievale ha contribuito a dare una nuova profondità al significato della croce. La crocifissione viene, allora, ripresa e rappresentata nella sua atroce bruttezza, dove l’uomo contemporaneo potrà iscrivere gli interrogativi e le tragedie del suo tempo. In questo momento si ha una consapevolezza nuova del fatto che la realtà è segnata dalla contraddizione, dalla disperazione, dal male. L’estetica contemporanea pone al centro della sua riflessione la lacerazione, il dolore, la sofferenza. 

Il dramma tra uomo e uomo, e dell’uomo con se stesso. Il secolo XX, marcato da tanti eventi drammatici come guerre e stragi, rinvia il senso di bellezza a un crocevia di significati che fanno riferimento a un’esperienza. La bellezza non è più in relazione a principi di armonia, ma è il luogo in cui una esperienza è comunicata. Così il Cristo può essere raffigurato secondo modalità nuove e inaspettate eppure nelle sue sembianze alterate, come nella crocifissione di Chagall che non viene presentata con la solita iconografia e abituale simbolismo. 

Il Christus patiens è diventato il luogo in cui l’uomo contemporaneo può identificarsi, percependo la presenza di Dio attraverso le figure e le rappresentazioni che senza essere immediatamente identificate con il Cristo, sono tuttavia assimilabili alla sua persona. La croce di Cristo si erge tra le nostre croce: lui è sempre presente in mezzo a noi. Nell’uomo dei dolori che si consegna alla morte c’è la bellezza del dono di sé, a cui tutti gli uomini sono chiamati. Il crocifisso è la bellezza che ama e che perciò salva.

Dio sceglie e salva l’uomo nel Cristo sofferente, colui che assume il peccato dell’altro senza cadere nella spirale della violenza, anzi, fermando la fatalità di una violenza che rischierebbe di diffondersi all’infinito. In modo simile il «dare la vita» è anche accettare e percorrere le difficili strade della riconciliazione e del perdono. 

Questo trova una risonanza con lo specifico del cristianesimo, con il nuovo modo di vita proposto dallo stesso Gesù: «se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). Seguire a Gesù significa avere il coraggio esistenziale di assumere e accettare il paradosso della perdita, dei limiti e del fallimento. Ciò significa smettere di considerare la propria persona come misura di ogni cosa e rinnegare idolatrica appartenenza a se stessi; chi rinuncia a questo comportamento cessa di autogiustificarsi e, per amore di Cristo, accetta anche di caricarsi del peso della croce, il peso dei limiti e dei difetti umani. 

Questo peso, però, è sostenuto dalla speranza di cambiare, di trasformare le situazione in occasione di crescita e di rinnovare il modo di pensare e di agire. Questa attesa si riflette nella luce che avvolge la croce e che mette in dubbio l’apparente vittoria della morte. Quindi nel crocifisso luminoso ogni dolore si spezza, tanto è grande la pace e la serenità che emana. Cristo appare come un centro che raduna in sé la forza intrinseca di un popolo che canta a Dio: «è Lui la nostra speranza». Questa è la convinzione dell’uomo che nella nudità del suo dolore non ha nessun’altra alternativa se non essere avvolto dal mantello della preghiera – il talit ebraico. La fede e la preghiera sono le uniche soluzioni per la disperazione del mondo, le uniche cose che non possono essere rubate, bruciate, distrutte.  

Elementi ebraici.

Gli elementi cristiani che abbiamo avuto modo di vedere precedentemente vengono ora mischiati con quelli ebraici che derivano dal profondo ebraismo di Chagall. 

Per quanto l’autore fosse affascinato dal cristianesimo rimase sempre legato alle sue radici ebraiche mitteleuropee e in particolare Yiddish. In questo dipinto egli vuole mettere assieme la personalissima visione di Cristo come martire ebreo, simbolo di tutti i martiri che in quel periodo stavano morendo in Germania a causa della persecuzione nazista; non venne però capito e il suo intento fu criticato dai rabbini che lo considerarono quasi un insulto al loro popolo; venne criticato anche dai cristiani che vedevano in questo dipinto una sottolineatura forzata dell’ebraismo di Cristo.

Chagall rispose ai critici ebrei: "Non hanno mai capito – disse - chi era veramente questo Gesù. Uno dei nostri rabbini più amorevole che soccorreva sempre i bisognosi e i perseguitati. Gli hanno attribuito troppe insegne da sovrano. E‘ stato considerato un predicatore dalle regole forti. Per me è l'archetipo del martire ebreo di tutti i tempi.»

Da questo punto di vista possiamo partire ad analizzare gli elementi ebraici del dipinto a cominciare proprio dal Crocifisso stesso.

La croce infatti non è fatta, ricordiamo, di due assi incrociati ma di una gigantesca T, è stata interpretata come un’aspirazione pacifista e forse ispirata al Tau dell’Apocalisse ripreso da S. Francesco, in ogni caso si tratta comunque di un simbolo cristiano che però è scevro (è qui il pacifismo) della pesante carica ideologica con cui essa è stata caricata nel corso dei secoli. Inoltre essendo questo un quadro di reazione al regime nazista la scelta di non usare la croce potrebbe essere dettata dalla condanna del simbolo voluto da Hitler per la sua dittatura ovvero la croce uncinata “svastica”.

L'iscrizione I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum) compare due volte sulla croce: in rosso, color sangue, in lettere gotiche, che ricorda i pamphlet antisemiti dei nazionalsocialisti, e poi scritta per esteso in ebraico; anche qui Chagall sembra ispirarsi al NT, infatti nel Vangelo di Giovanni dove si dice che la scritta era in Latino, Greco ed Ebraico.

Gesù porta in testa, invece della corona di spine una sorta di turbante, tipico degli ebrei del suo secolo e invece del gonnellino della normale iconografia cristiana porta un Tallit, il mantello delle preghiere ebraico che ancora oggi viene portato sotto i vestiti e le cui frange escono da essi e ricadono lungo le gambe. Anche qui infatti esse sono ben visibili; questi particolari insieme ai tratti somatici fanno di Cristo l’ebreo per eccellenza, il centro di tutto quel vortice d’orrore che sta perseguitando il popolo semita in Germania, diviene così il simbolo di questa persecuzione terribile.

Ai piedi del Cristo, troviamo il candelabro ebraico - la menorah – che è illuminato da un raggio di sole che viene dal cielo. La posizione della menorah vicino alla croce e il raggio di luce vengono interpretati come omaggio di Chagall al Salvatore. Un’altra interpretazione lega la luce del Candelabro alla luce che irradia la Croce, questo crea fra i due simboli un parallelo come portatori di luce, il primo di per se stesso e il secondo attraverso il sacrificio. Infatti l’ampio raggio di luce bianca che raggiunge il Crocifisso passando dall’alto (usato da Chagall con altri personaggi come Mosè ed Elia,  e che quindi ci autorizza a presupporre, che l’artista  pensasse a Cristo come continuatore dei grandi profeti) e siccome egli è il simbolo del martirio del popolo ebraico significa che esso è stato accettato da Dio. 

Intorno al Crocifisso sono una serie di scene di fuga e di lotta che rappresentano vari personaggi o simboli del popolo ebraico; sono sistemati in una direttiva a X che ha come assi quattro punti: in alto dai due lati della Croce i pogrom e la notte dei cristalli e dall’altra i due ebrei in fuga nella parte bassa che fuggono dalle devastazioni.

analizzeremo in quest ordine incrociato (fig. 3): 

  1. La notte dei cristalli: un soldato con le uniformi delle SS entra in una sinagoga dandola alle fiamme e profanandola con particolare enfasi alla custodia della Torah mentre gli altri simboli liturgici sono rovesciati a terra. È una chiara allusione alla distruzione del tempio di Gerusalemme.
  2. L’ebreo con la Torah in mano: sul lato sinistro in basso vediamo un ebreo che si guarda indietro verso la devastazione del luogo sacro, in alto, porta in mano il rotolo della Torah e fugge. Qui forse possiamo intravedere un barlume di speranza perché nonostante la distruzione del luogo sacro la cosa importante che lega Dio e il popolo è stata salvata.
  3. I pogrom russi: sul lato sinistro in alto vediamo i pogrom  russi simboleggiate dagli uomini con la bandiera rossa; essi sono vicini alle case distrutte e ne simboleggiano i massacri compiuti contro gli ebrei soprattutto intorno al 1917 in Ucraina.
  4. L’ebreo con il sacco: nella parte a destra in basso vediamo come l’ebreo non ha la Torah ma i beni materiali che è riuscito a salvare dai Russi, non si guarda indietro ma va avanti perché il materiale può sempre essere recuperato.

Tra questi punti cardinali del dipinto troviamo sistemati tutta una serie di altri simboli ebraici:

  1. Le lamentazioni: Nella parte alta sopra alla Croce c’è un gruppo di ebrei composto da una donna, un uomo vestito in maniera antica, un rabbino e un sacerdote che piangono. E’ un simbolo di tutto il popolo ebraico durante la sua storia impegnato nella festa del 9 di Av dove si commemorano le distruzioni del tempio e si leggono le Lamentazioni di Geremia.
  2. L’arca: un altro cammeo biblico che vuole forse essere un segno di stabilità nella tempesta.
  3. L’ebreo errante: questo personaggio (fig. 4), in basso a sinistra accanto all’ebreo con la Torah viene interpretato come l’Ebreo errante. Questa è una figura mitologica legata con Cristo secondo una leggenda medioevale che lo voleva come un ebreo di vario genere (un ciabattino, guardia, mercante) che avrebbe rifiutato l’ospitalità a Gesù il quale lo avrebbe maledetto a vivere fino alla Parusia. Inoltre l’ebreo vicino alla croce che fa per allontanarsi sembra ispirata a una incisione molto probabilmente conosciuta dall’autore (che era incisore lui stesso) che ritrae una scena simile. 
  4. La Torah che fuma: questo è uno dei simboli più enigmatici del dipinto perché rappresenta un rotolo della Torah che fuma; forse va messo in relazione con l’ebreo che fugge con il sacco, forse per sottolineare il tradimento per denaro o la troppa bramosia di beni. Alcuni vedono in questo un’allusione ai forni crematori. 

Conclusione: Una lettura attraverso F. Rosenzweig.

Dopo aver avuto modo di vedere come M. Chagall leggeva la sua Crocifissione possiamo gettare uno sguardo ulteriore attraverso la lente di un autore ebreo contemporaneo, F. Rosenzweig, che ci aiuterà meglio a comprendere questo rapporto tra ebraismo e cristianesimo.

Rosenzweig parte dalla presa di coscienza della creaturalità e mortalità dell’uomo e della sua redenzione dal nulla, che lo porta a una riflessione sull’ebraismo che aveva fino a quel momento quasi ignorato. 

Questo fatto lo aveva preservato, se così possiamo dire, dalla visione dogmatica yiddish lasciandolo più libero di cercare la radice stessa del monoteismo ebraico. Egli la trova nell’intuizione religiosa ebraica la prima forma di monoteismo e la formulazione unitaria dell’essere come nome di Dio, “Colui che è”; questo provoca una divisione fra la religiosità ebraica (questo appena detto) e il dogmatismo che è venuto dopo (ad esempio l’aspetto dogmatico yiddish) che porta l’autore ad andare oltre l’aspetto puramente confessionale. 

L’intuizione monoteistica ebraica infatti viene vista con valore universale che si installa sull’aspetto mortale dell’uomo per poi superarlo attraverso l’aspetto redentivo.

Con queste premesse Rosenzweig vede tra ebraismo e cristianesimo una complementarietà, cioè lui riteneva che il secondo non avesse aggiunto gran che al primo e che i due dovessero camminare insieme perché entrambe sono una via redentiva dalla condizione di mortalità umana.

Per far questo utilizza prima di tutto le due immagini classiche della Sinagoga come donna bendata e della Chiesa come donna che può ben vedere e quella della Stella di Davide.

La Sinagoga sta al centro della stella perché essa guarda al suo interno a quel l'intuizione originaria di un Dio personale che può essere chiamato per nome e salva dalla morte; la Chiesa invece sta sui raggi della stella e guarda in avanti, a quello che verrà e alle sfide del mondo alla redenzione.

Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra perché la Sinagoga guardando dentro di se perde il contatto con la realtà e ha bisogno che la Chiesa la  apra al mondo; quest’ultima però con il suo sguardo rivolto al futuro rischia di perdere le sue radici e soprattutto quell intuizione originaria che la prima l’aiuta ogni volta a ritrovare. 

Se applichiamo questo concetto di complementarietà al dipinto di Chagall vediamo come esso viene molto ben esplicato e in particolare nella figura di Cristo in croce. Qui vediamo come anche l’autore tiene l’idea che di fatto Cristo non è nient’altro che il più grande e amorevole dei rabbini ebrei, così anche lui si discosta in parte dalla tradizione yiddish e soprattutto dal dogmatismo potendo riprendere così la figura di Gesù nella sua radice profonda e cercando una complementarietà con il cristianesimo pur rimanendo fedele all’ebraismo. 

Ancora un paragone con il filosofo lo troviamo con la disposizione iconica che abbiamo visto a forma di Stella di Davide; qui l’autore facendo riferimento ai due triangolo formati con il trinomio Dio-Mondo-Uomo e Creazione-Rivelazione-Redenzione crea appunto quella figura mistica. Alla fine fa notare come essa raffiguri i punti salienti di un viso, un volto che è questa personalizzazione dell’essere umano è da esso infatti che si riconosce una persona da un’altra, così come riconoscere il Dio personale della tradizione ebraico cristiana. 

Vediamo quindi come anche Chagall mette al centro di questo viso Cristo visto come il viso sofferente dell’uomo, dell’ebreo che viene torturato; nel centro nonostante le personalizzazioni dovute al nazismo l’uomo rimane sempre creatura di Dio, non cambia la sua natura, diremo in termini tomisti. Così l’autore mette al centro la luce delle due anime religiose la croce e la menorah, entrambe fonte di luce, entrambe che danno una fissità in un contorno vorticante di follia.

Per concludere vediamo come questo centro dove umano e divino si incontrano è sempre fermo nonostante i tentativi dell’uomo di distruggere questo legame (pogrom/nazismo), è una luce che splende nelle tenebre che pur vorticando  intorno non riescono a spegnerla.

La vita di M. Chagall e lo stile.

Oggi sicuramente possiamo nominare tra i più autorevoli studiosi della vita di Chagall il Benjamin Harshav. Grazie al suo paziente lavoro possiamo consultare le lettere di Chagall e altri documenti legati alla sua vita, scritti in francese, tedesco, ebraico e russo nel libro  «Marc Chagall and His Times: A Documentary Narrative» Stanford University Press, 2004, un'ottima base per conoscere la bibliografia del pittore.  

Un'altra fonte insuperabile è il libro di Franz Meyer  «Marc Chagall: Life and Work»,  Harry N. Abrams, 1964, questa edizione continua a rimanere attuale  per i studiosi, nonostante sia scritta ventun anni prima della morte di Chagall, per qui è priva di informazioni sulla sua relazione con  Virginia Haggard che durò 7 anni. 

Sidney Alexander invece nel suo libro «Marc Chagall: A Biography», G. Р. Putnam’s Sons, 1978, racconta la vita del pittore nel modo leggero e romanzato.

Nell’elenco dei libri bibliografici di Chagall non  possono non essere inseriti Monica Bohm-Duchen, «Chagall», Phaidon, 2001  e Jacob Baal-Teshuva, «Marc Chagall. 1887–985», Taschen, 2003.

 

I scritti bibliografici sono completati dal lavoro autobiografico di Marc Chagall scritto da lui all’età poso superiore di vent’anni, ricco di emozioni ed espressioni ma di un dubbio valore storico. 

Anche le persone vicine a Chagall ci lasciano le loro memorie tra le quale  possiamo nominale «Lumièes allumés» di Bella Chagall, un bellissimo ricordo del mondo ebraico scomparso, “La mia vita con Chagall. Sette anni di abbondanza” di Virginia

Haggard,  Donald I. Fine, 1986, il libro molto più intelligente, di quanto si può immaginare dal titolo e il «Quelques pas dans les pas d’un ange», Gallimard, 2003, scritto da David McNeil, figlio di Chagall e Virginia, una memoria cordiale e piena di tatto. 

 

Lo Stile:. 

Lo stile di Chagall, importante esponente dell’arte contemporanea, nasce tra le tradizioni artistiche popolari russe, l’arte delle icone, e la cultura ebraica.   

Durante i suoi anni a Parigi Mark viene coinvolto dalle avanguardie, influenzandosi  dal cubismo e il fauvismo, segue anche lo stile di Amedeo Modigliani. 

Ma tutto ciò rimane marginale. 

Con gli anni Chagall elabora il proprio stile incomparabile con nessun’altra tendenza, che lo rende riconoscibile e inconfondibile. Purché alcuni studiosi mettono la semplicità delle sue forme in legame con il primitivismo russo del novecento e trovano l’influenza del favismo sulla sua tavolozza.   

Il mondo di Chagall è un mondo animato e dolce, dei colori vivi e brillanti, i motivi fantasiosi, dove tutto traspare dell'ingenuità infantile e della fiaba. 

Biografia

Facciamo richiamo alla struttura cronologica per dare un breve ed esplicitò panorama sulla vita di Mark Chagall, aggiungendo alcune date storiche, forse non legate direttamente alla biografia di pittore, ma che comunque ci aiutano a comprendere la sua formazione e alcuni delle scelte artistiche. 

 

1735 – viene fondato il movimento chassidico da Israel ben Eliezer, noto come Baal Shem Tov, dove un attenzione particolare viene riservata alla pregherà estatica e gli aspetti mistici della fede. 

1777- insieme con rabbi Sheur Zalman ben Baruh  chassismo chassidismo arriva in Bielorussia, da dove poi si propaga in Stati Uniti e altro parti del mondo.

1791 – Katerina II limita le zone di permanenza degli ebrei sul territorio russo, dando loro il permesso di abitare solo nelle terre di Lituania, Latvia, Ucraina e Bielorussia.

1804 – Codice civile di Napoleone garantisce la liberta di ebrei a Parigi. 

1882 - dopo l’omicidio di Zar Alessandro II si iniziano i pogrom nelle zone consentite per l’abitazione agli ebrei. Questo provoca un’ondata di immigrazione negli stati uniti. 

6 luglio 1887 -  nella città bielorussa di Vitebsk nasce Mark Chagall nella povera famiglia ebrea del venditore di pesce salata Hazkel e casalinga Ita. 

1890 -  Chagall entra nella scuola d’arte fondata da Giuda Pen in Vitebsk nel 1897.  

1903 – un tremendo pogrom ebreo in Kishenev. 

1904  - Picasso si stabilisce a Parigi.

1905  - Modigliani arriva a Parigi.

1907 -  Chagall dopo aver abbandonato la scuola di Pen arriva a San-Pietroburgo ed entra nella Scuola Imperiale dell’Arte,

1908 – per mantenersi Chagall crea i cartelli pubblicitari per la compagnia assicurativa in San Pietroburgo.

1909 – Chagall entra nella scuola privata delle belle arti di Zvanzeva, dove con lui, lavorerà Lev Bakst però  per breve tempo. 

Estate 1910 – Chagall arriva a Parigi con la borsa di studio datali da un ricco mecenate russo, giurista e parlamentare Maksim Vinaev. 

Inverno 1911 – maggio 1911 - Chagall vive e lavora nella Comuna degli Artisti in con altri giovani creativi. 

1912 – la prima partecipazione alla mostra nel Salone degli Indipendenti dove viene esposto il suo quadro “Alla mia fidanzata”.

Settembre 1913 – giugno 1914 -  i lavori di Chagall sono esposti a Parigi e Berlino.

Mark nel giugno del 1914 torna in Vitebsk per il matrimonio della sorella e per vedere la sua fidanzata Bella.

28 giugno 1914 – inizio della I guerra mondiale.

Marzo 1915 – la mostra di 25 dipinti di Chagall a Mosca, seguiranno altre mostre nel 1916 a San Pietroburgo e ancora Mosca.

25 luglio 1915 -  matrimonio di Mark e Bella

1915 – Chagall inizia a lavorare nella cancelleria militare a San Pietroburgo grazie alla raccomandazione del suocero.

18 maggio 1916 - nasce la figlia di Chagall Ida.

26 ottobre 1917 - Rivoluzione, nel 1922 viene fondata l’Unione Sovietica

1918 - Chagall diventa il commissario per i belli arti nella Regione di Vitebsk.

Gennaio 1919 - Chagall fonda a Vitebsk l’Istituto Popolare dell’Arte e un Museo, invita ad insegnare nell’Istituto Kazimir Malevic ed El Lessitzky. 

Maggio 1920 - Malevic approfittando dell’assenza di Chagall nella città, lo tradisce e con il consenso della maggior parte degli studenti e professori rinomina l’Istituto nell’Accademia di Suprematismo.

Giugno 1920 – Chagall e la famiglia arrivano a Mosca.

Inverno 1920 - Chagall lavora sulle decorazioni del Teatro Ebreo a mosca. La famiglia vive povertà estrema.  Bella con la figlia si sposta in Malahovka, una cittadina vicino a Mosca, dove li raggiunge Chagall, il quale diventa insegnante d’’arte per i bambini orfani. 

Inizi 1922 - Di nuovo a Mosca. 

Estate 1922 -  la mostra di Chagall in Lituania. Pittore si reca lì con quadri e la famiglia.  

1 settembre 1923 - Chagall a Parigi. Scopre che i suoi dipinti lasciati qui dal primo periodo di permanenza sono scomparsi. 

 1924 – riceve incarico di illustrare le Favole di La Fontaine. Scandalo a Parigi, perché Chagall è ebreo e non francese.

Febbraio 1931 -  viaggio in Palestina.

1933 - Hitler arriva al potere.

1934 -  Matrimonio di figlia di Chagall.

Agosto 1935 -  Bella e Mark a Vilna partecipano all’apertura del Museo dell’Arte Giudaica con 116 lavori di Chagall. 

Settembre 1935 -  Leggi raziali in Germania. Bruciati alcuni quadri di Chagall.

1937 - Chagall riceve la cittadinanza francese.  

9  novembre 1938 -  La notte dei Cristalli.

1 settembre 1939 -  inizia la II guerra mondiale. 

10 maggio1940 - le truppe tedeschi sono in Francia. Chagall compra la casa in campagna dove si sposta.

14 giugno 1940 - i tedeschi sono a Parigi. Si applicano le leggi razziali contro gli ebrei.

Aprile 1941 – Chagall e arrestato perché ebreo, ma viene rilasciato quasi subito.  

Maggio 1941 - Chagall, la famiglia e i quadri arrivano a New York. 

25 agosto 1944 – Parigi liberata.

2 settembre 1944 - Muore tanto amata moglie Bella mentre si preparava di tornare a  Parigi.

Estate 1945 -  inizia la storia con Virginia Haggard.

1946 -  l’esposizione retrospettiva di Chagall al Museo di Arte Moderna a New York

22 giugno1946 - nasce il figlio di Mark e Virginia David.

Ottobre 1947 - l’esposizione retrospettiva di Chagall al Museo Statale d’Arte Moderna a Parigi.

14 maggio 1948 - la creazione dello Stato di Israele.

Agosto 1948 - Mark e Virginia Partano a Parigi.

Settembre 1948 - Mark riceve Gran Premio alla Biennale di Venezia.

1949 -  Teatro Ebreo a Mosca viene chiuso. Le decorazioni di Chagall sono consegnati alla Galleria di Tretyakov.

Estate 1950 - Chagall riceve invito di partecipare alla decorazione del Battistero di Notre-Dame-de-Toute-Grâe in Francia. I lavori dureranno per sette anni. 

Primavera1951 -  Chagall e Virginia visitano Israele.

16 aprile 1952 -  Virginia lascia Chagall.

12 luglio 1952 - Chagall si sposa con Valentina Brodskaja. 

1962 - Chagall crea le vetrate nel Centro Medico di Hadasse in Israele.

Giugno 1973 - Chagall visita Mosca, firma i propri panno create per il Teatro Ebreo negli anni 20. 

Luglio 1973 - a Nizza si apre il Museo Nazional e di Mark Chagall “Messaggio Biblico”.

1974 - Chagall arriva a Chicago per apertura del suo mosaico “Quattro stagioni sulla First National Plaza.

1 gennaio 1978 - Chagall riceve ordine della Legione di Onore, la massima onorificenza francese. 

28 marzo 1985 - all’età di 97 anni Chagall more e viene sepolto al cimitero cattolico sulla richiesta della moglie.

 

Bibliografia.

bucci m., Marc Chagall. I maestri del Novecento, Firenze 1970.

chagall m., La mia vita, SIAE, Milano, 2015. 

dall’asta a., Dio alla ricerca dell’uomo : dialogo tra arte e fede nel mondo contemporaneo, Le forme e la luce, Trapani 2009.

meyer f., Marc Chagall: la vita e l’opera, Milano 1962

le targat f., Marc Chagall, Milano 1988

rosenzweig f., La stella della Redenzione, Milano, 2005

venturi l., Come si comprende la pittura, Torino 1975, p. 172ff

wilson j., Marc Chagall, Cheisovskaja Kollikzia, e-book. 

 

Sitografia.

aavv., «Perché Papa Francesco ama Marc Chagall», http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-perche-papa-francesco-ama-marc-chagall-6033.htm#.VpnX5_krLIU.

Istituto d’arte di Chicago, http://ncronline.org/news/art-media/popes-favorite-painting-returns-chicago-after-seven-month-exile

riva m.g., «Cantici d’amore tra stupore e mistero», http://culturacattolica.it/default.asp?id=58&id_n=1853.

uberti b., «La spiritualità di Marc Chagall», http://universi-mi.it/spiritualita-chagall/.